Future Founder Program nasce con un obiettivo chiaro: formare imprenditori capaci di navigare il mercato senza illusioni. Nessuna lezione teorica su quanto sia bello fare startup, ma un percorso immersivo e concreto, guidato da chi di startup ne ha vissute tante, nel bene e nel male.
Perché creare una startup può essere una delle esperienze più eccitanti e appaganti che ci siano, ma è anche complessa, faticosa e, a tratti, dolorosa.
Future Founder Program è pensato per chi vuole diventare founder, anche senza un team già formato, e vuole capire davvero cosa serve per trasformare un'idea in un progetto imprenditoriale. Un percorso ibrido con sessioni in presenza a Milano e online, è aperto a tutti gli aspiranti imprenditori e completamente gratuito.
Program Director d’eccezione è Augusto Coppola, Co-Founder di InnovAction Lab e Managing Partner di Cloud Accelerator, che torna in cattedra con un programma che non risparmia nulla ai partecipanti — né l'entusiasmo e l’adrenalina, né le difficoltà e le inevitabili cadute lungo il percorso. Gli abbiamo chiesto cosa rende unica questa iniziativa e perché è importante. Ecco cosa ci ha raccontato.
Mi occupo di startup da oltre venticinque anni. Ho iniziato la mia carriera come founder di startup internazionali, lavorando con clienti, partner e investitori in Europa, Americhe ed Estremo Oriente. In quegli anni ho vissuto sia grandi successi — quando gli investitori hanno fatto ottimi ritorni — sia fallimenti, in cui ho perso molti soldi in prima persona.
Dal 2010 ho cambiato prospettiva, passando dall'altra parte del tavolo: mi sono dedicato al venture capital, concentrandomi sulle startup nelle fasi iniziali della loro vita. Ho lavorato con centinaia di team, supportandoli nei primi anni, che sono spesso i più critici per la sopravvivenza di un’azienda innovativa.
Oggi continuo a lavorare nel mondo delle startup e, a partire da marzo, sarò il Program Director del Future Founder Program di B4i.
Mi appassiona lavorare con startup nei primi anni di vita perché mi permette di rimanere aggiornato sulle innovazioni che plasmeranno il futuro. Ma soprattutto, amo il tipo di persone che si lanciano in questa avventura: un mix di ingenuità, genio, impegno ed entusiasmo. Per chi, come me, è affascinato dall’aspetto umano dell’imprenditoria, è un mondo incredibilmente stimolante.
Per rispondere a questa domanda, faccio un passo indietro. Nei primi anni 2010 ho co-fondato InnovAction Lab, un'iniziativa rivolta principalmente a studenti universitari per aiutarli a intraprendere una carriera imprenditoriale. Il programma ottenne un enorme successo, tanto che la J.P. Morgan Chase Foundation lo riconobbe come una delle iniziative più impattanti a livello globale.
La particolarità di quel programma era che non si limitava a esaltare il mondo delle startup, ma faceva vivere ai partecipanti tutte le sue sfide, compresi i momenti difficili. Non volevamo solo motivare, volevamo mettere le persone alla prova con un’esperienza reale. E a distanza di oltre dieci anni, molti ex partecipanti sono oggi imprenditori di successo o hanno intrapreso carriere manageriali di alto livello.
Quando B4i mi ha chiesto di progettare un nuovo programma, ho voluto mantenere quello stesso spirito: il Future Founder Program nasce per far vivere un’esperienza autentica e completa, senza filtri. Perché se vuoi fare startup, devi sapere a cosa vai incontro, nel bene e nel male.
È una domanda che viene fatta spesso, e molti rispondono con parole come determinazione, visione, empatia. Tutte cose importanti, certo, ma secondo me la caratteristica chiave è la disciplina: la capacità di fare ciò che va fatto, nel momento giusto, nel modo giusto, anche quando è difficile, anche quando sei stanco.
Se dovessi aggiungere un’altra qualità, direi una forte etica. Mi piacciono i founder che non si lanciano in un’impresa solo per una forma di realizzazione personale, ma perché vogliono davvero contribuire a cambiare il mondo. Serve uno sguardo lucido, senza un’idea ingenua e romantica. Serve la volontà di sporcarsi le mani, di entrare nella realtà complessa e imperfetta del mercato e lavorarci dentro per provare a cambiare le cose, anche solo un po'.
Il fallimento è una parte del gioco. L’importante è non lasciarsi abbattere. Ti racconto un’esperienza personale. Ho fatto parte di un team che ha lanciato una startup di grande successo. Dopo quell’esperienza, ne abbiamo avviata un’altra, ma questa volta è andata male. Non per problemi tecnici — ancora oggi penso che l’idea fosse validissima — ma per un errore di mentalità: il successo ci aveva resi arroganti. Pensavamo di sapere tutto e abbiamo smesso di studiare, di ascoltare i segnali più deboli.
Questa esperienza mi ha insegnato tantissimo. Troppi founder si concentrano sui complimenti e sulle metriche di vanità, invece di porsi la vera domanda: qualcuno sta comprando il mio prodotto? Chi vuole fare l'imprenditore deve capire che alla fine contano solo due cose. Uno: qualcuno compra il tuo prodotto. Oppure due: qualcuno ti spiega perché non lo compra.
Quello cattivo, ovviamente. Penso di essere la persona a cui sono state dette più parolacce nel mondo delle startup italiane. Scherzi a parte: il team che Bocconi ha messo insieme per il programma è composto da persone giovani, in gamba, brillanti e anche molto simpatiche. Il mio ruolo sarà quello di sfidare i partecipanti, perché credo che le persone in gamba abbiano bisogno di essere messe alla prova. Non sarò la figura che ti dice quanto è bello fare startup, ma quella che ti aiuta a scoprire se hai davvero ciò che serve per farcela.
E so già che all’inizio mi odieranno. Poi, se tutto va come deve, cambieranno idea.